Il nanetto all’asilo…”Andiamo a comandare”!

Il nanetto all’asilo…”Andiamo a comandare”!

Ci siamo, è arrivato il momento del debutto a scuola del piccolo di casa!

Per me è la prima esperienza con l’asilo nido, perché Andrea a suo tempo ha cominciato direttamente la materna a 3 anni circa, ed è stata una vera tragedia greca: ricordo che per le prime due settimane lo accompagnavo e lo lasciavo in un torrente di lacrime in braccio alla maestra;

ho ancora l’immagine di lui con le manine tese mentre gridava “mamma..maaammaaa!”

 e solo una mamma può capire come ci si sente ad andare al lavoro con un inizio giornata del genere, con il cuore che pesa nel petto. Poi, come accade sempre, Andrea si è ambientato, ha cominciato a giocare con gli altri bimbi e non ci sono stati più problemi.

Immaginate il mio timore all’idea di ripercorrere quell’esperienza con Lorenzo, l’inserimento, già la parola mette ansia. Ed anche le maestre caricano questa parola di un mix di dramma-pesantezza-paura. Ho pensato quindi di cominciare a parlarne in casa un mese prima dell’inizio, introducendo il discorso in ogni conversazione, anche dove non c’era davvero alcun nesso, tipo: “guarda Lillo, quante formichine sul prato, cercano le briciole di pane da portare a scuola per merenda…perché anche loro vanno a scuola sai? E si divertono tanto con le altre amiche formichine…” e via così, con scemate del genere.

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Ma è arrivato il giorno X: parcheggio l’auto davanti alla scuola, dopo che per tutto il tragitto gli ho fatto il lavaggio del cervello con ” che bello, finalmente vai a scuola come Andrea! Sei contento? ma tu sei grande, allora…” e bla bla bla, ed entriamo. Mi accoglie la maestra e, come da accordi precedenti, mi fa entrare insieme al bambino, perché l’inserimento prevede che tu stia con tuo figlio per 1 ora, il primo giorno.

Insomma, per farla breve, appena entrati comincia a parlare con la maestra (nel suo perfetto giapponese, ovviamente), prende una specie di consolle che simula un’ auto con tanto di chiavi d’accensione e volante, accende la pseudo autoradio ed impone alla maestra di ballare “palla! palla!” (trad. balla! balla!). Poi, raccoglie varie pentoline e verdure giocattolo, annuncia che lo chef cucinerà pasta e patate “pafta patata!” e si crea intorno a lui un gruppetto di allievi chef che pendono dalle sue labbra.

Ah, dimenticavo, io, la sua mamma, non sono esistita per tutta l’ora…

Ciao, al prossimo click!